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L’ATTRAZIONE DI UN ATTIMO

PROLOGO

Riccardo
In una limpida notte d'estate, iniziai a pensare a come tutte le stelle dell'universo potessero essere congiunte in straordinarie forme geometriche. Di questo mi interrogai, finché non sentii le palpebre cedere e, finalmente mi addormentai, cullato dal silenzio della notte. La mattina seguente, a colazione, vidi come le mie figlie sprecavano il loro tempo dietro ad inutili aggeggi tecnologici; mi soffermai così a pensare che un tempo, alla loro età, mi dedicavo ad attività totalmente differenti. Perciò, preso dalla nostalgia di quei giorni, ricordai il vecchio lago dove, con il mio amico di infanzia Daniele, mi divertivo a fare tuffi, e le strade di montagna che percorrevo in cerca di avventure. In quel momento rimasi comunque impassibile, come a mio solito, e cominciai a programmare la nostra escursione alla semplicità. Sistemati tutti gli impegni lavorativi e prenotato il bungalow, aspettai solo di dirlo alle ragazze.

Monia
Non ascoltava che le sue stesse parole, immerso com'era in quell'antro di desolazione. Raccontava storie con bramosia, come se gli appartenessero, e noi stavamo sedute ai suoi piedi, ignare degli inganni che, innocentemente, ci tendeva. Col tempo fu chiaro: le menzogne di mio padre non erano altro che il ricordo offuscato della donna che amava.
Quando uscii, lo vidi avvolto nel tepore della notte estiva, e l'osservai dare le spalle alla casa. Pareva che il mondo tacesse con lui. Immaginai fosse un momento poco adatto e, consapevole delle riflessioni che lo affliggevano, lasciai mio padre solo. Rientrando in casa notai molte cose lasciate in sospeso, come se uscire, per lui, fosse stato un atto d'improvvisa esigenza. Percorsi distrattamente quel tratto che divideva l'ingresso dalla mia stanza, quindi entrai ed osservai il tutto. L'ordine mi pervase, familiare e rassicurante. Mia sorella maggiore, Amelie, dormiva già. Mi chiesi se fosse serena, in quel sonno che l'aveva colta, ma non riuscii a darmi una risposta, troppo presa da ben altri pensieri. E mentre cercavo l'ordine anche nella mia mente, un oggetto mi si presentò davanti, come un debole segno del passato. Si trattava di una piccola foto, sbiadita nel tempo e quasi impossibile da osservare nei suoi particolari. Una foto, pensai, che Amelie aveva trovato per caso e dimenticato su un vecchio mobile; una foto che, in quel momento, per me, rappresentava la rottura di un equilibrio già instabile: un uomo se ne stava assorto sull'uscio di chissà quale porta, colto di profilo e nel pieno della sua giovane età. Era un viso dai tratti poco scanditi, in cui gli occhi apparivano scuri, appiattiti da uno sguardo noncurante. L'assenza di movimento, in quell'istante bloccato quasi a forza, mi impediva di interpretarne il contesto, così conservai la foto, ammaliata dai segreti che immaginavo contenesse. Mi addormentai presa dalla fretta del risveglio, eppure il giorno mi colse di sorpresa e, per qualche minuto, fui incapace di aprire gli occhi.


Capitolo 1

Riccardo
 Sentii qualcosa fare un gran rumore, così mi affacciai nel corridoio per vedere cosa stesse accadendo, e vidi Monia percorrere il corridoio, lasciandosi, poi, la porta chiusa alle spalle; come se in quel momento ci fosse qualcosa di più importante tra i suoi pensieri. Quando vidi il rossore nelle sue guance, mi rimproverai del vuoto e dell'amarezza che risiedeva nelle loro menti, ma a volte non riuscivo a controllare neanche le mie emozioni. In un sospiro mi lasciai sfuggire il ricordo del mio unico amore, che avrebbe saputo sicuramente cosa fare: «Ambra».

Monia
Mi ritrovai sulla strada che percorrevo ogni mattina, conscia del fatto che le ore sarebbero trascorse ancora una volta con lentezza e disinteresse da parte mia. A scuola contai i minuti, gli oggetti, gli sguardi e le parole: "Numeri essenziali, imprescindibili a ogni cosa" ne trassi. E poi delusioni, una di seguito all'altra; regole che sapevo far parte del mio esistere in quel luogo. A diciotto anni non sapevo ancora affrontare gli ostacoli, così li evitavo. Evitavo le critiche altrui, le discussioni; non mi curavo di interagire con nessuno dei compagni, conservando per me tutto il dolore connesso a questi silenzi. Ma sentivo che il mio aspetto si contrapponeva a tutto questo, dandomi l'unica occasione di suscitare impressioni positive.
 Mio padre e Amelie aspettavano solo il mio ritorno, ma quando li vidi, così allegri di fronte alla tavola, mi rifiutai di sedermi e pranzare con loro, così restai sola per il resto del tempo.

Daniele
Riccardo mi chiamò ad un orario insolito. Ero solo nel mio loft, troppo grande per una persona sola. Il telefono continuava a squillare e l'eco della suoneria rimbombava tra le pareti leggere. Pochi minuti. Troppo poco preannuncio. Sapeva bene che dovevo organizzarmi ma decise che avevo bisogno di una vacanza in campeggio. Non mi disse altro. Terminata la chiamata, tornai al mio silenzio, misi le poche cose di cui necessitavo nel borsone della palestra e lo depositai all'ingresso. Non vedevo il mio migliore amico da una decina d'anni, da quel giorno al funerale della moglie. Mi convinsi avesse bisogno di spazio e me ne andai. Anni passati da un hotel all'altro, attraversando mari, conoscendo città, donne, storie.


Capitolo 2

 Riccardo
 Il campanello suonò. Avevo appena informato le mie figlie che saremmo partiti, e la loro reazione non fu delle migliori. Monia andò ad aprire la porta ancora infastidita, e una voce forte e profonda echeggiò fino in cucina. Non ricordavo quasi nulla di lui; era passato tanto di quel tempo che a stento riuscii a riconoscere il suo timbro. Lo trovai in forma come a suo solito, sempre attento all'aspetto fisico, sempre molto solare ma estremamente riservato.
Monia
Il giorno seguente, dopo un'altra mattinata a scuola, ancora lo scorrere di eventi mi assaliva incorruttibile, finché non appresi che qualcosa sarebbe cambiato. Mio padre, estasiato, ci comunicò che di lì a poco saremmo partiti per il "vecchio lago" che tanto amava quando era bambino. La notizia mi lasciò nervosa, quasi turbata dall'inaspettata deviazione dalle abitudini. Ma quel pomeriggio si sarebbero uniti tra loro elementi che finora non credevo nemmeno potessero sfiorarsi.  Mi resi conto che i miei passi si avvicinavano sempre di più alla porta d'ingresso, ma quando fui davanti ad essa, esitai, osservando, all'esterno, una sagoma che proiettava in me come un'ombra di consapevolezza. Aprii e realizzai che di fronte ai miei occhi si presentava la stessa scena della foto. Un uomo alto, dagli occhi scuri e dall'aria indifferente, guardava un punto in lontananza, ignaro, forse ancora per pochi istanti, che qualcuno si fosse deciso ad aprirgli.
Seppi che quell'uomo era Daniele e che da anni lui e mio padre non si vedevano, ma nonostante ciò si consideravano ancora amici. Sarebbe venuto con noi; un uomo del quale ignoravo ogni cosa. Un'imminente deviazione da tutto ciò che conoscevo.

Daniele
Raggiunsi in un lampo casa sua. Suonai e non appena mi aprì, riconobbi le sue due figlie, belle cresciute, Monia e Amelie. Il tempo passa per tutti e quelle ragazze ne erano la prova, diciotto una e venti l'altra. Mi facevano sentire il tempo che passava i miei trentacinque anni trascorsi senza stabilità, senza legami, senza famiglia

Capitolo 3

Riccardo
Dopo le varie presentazioni, caricammo le valige in macchina e partimmo. Il peso delle ore di strada fu smorzato dalle belle canzoni che Daniele ci proponeva; accarezzava le corde della chitarra come se fossero seta, e tamburellava con le dita nella cassa armonica. Rimanemmo colpiti dalla disinvoltura con cui suonava. Notai che Monia era particolarmente colpita, con la sua voce limpida potevano creare un bellissimo duetto.
Daniele
Il viaggio in auto  fu tranquillo, fino a quando non presi la chitarra e cominciai a suonare. La musica venne da sé,  senza neppure uno sforzo, e in un attimo tornai indietro ai tempi del college, dove tutto era un'avventura, una scoperta, un sogno.

Monia
Io e mia sorella, nei sedili posteriori dell'auto, ci scambiavano sguardi che, basati sui lunghi anni vissuti insieme, sapevano capirsi in modo naturale. Notai così che condivideva il mio stesso turbamento, ma accettava quella situazione per i miei stessi motivi. Nostro padre necessitava di tempo. Un tempo diverso e vissuto altrove. Doveva prendere la distanze dal luogo in cui la perdita di nostra madre gli aveva sottratto ogni speranza. Ora lo osservavo guidare spensierato, immerso in quel clima musicale che improvvisamente si era creato. Scrutavo anche Daniele , con la sua chitarra e i sui gesti enigmatici, e canticchiavo, ogni tanto, le canzoni che conoscevo.


Capitolo 4

Monia
 Arrivati, consigliai alle mie figlie di fare un profondo respiro e assaporare l’odore della legna tagliata, dell’erba umida al crepuscolo, e dell'ossigeno puro vicino alla montagna. Le vidi già immerse nella giusta atmosfera di quella piccola avventura. Mi si riempirono gli occhi di felicità, e per un attimo mi sentii in pace con me stesso.
Riccardo
 Il luogo che ci attendeva era quasi deserto e completamente avvolto nella natura. Un lago appariva in lontananza, vicino a quello che sarebbero stato il nostro bungalow. La stagione estiva rendeva ogni cosa più leggera, come se gli alberi, i fiori, i prati, fossero sospesi in una dimensione di pace. Notai anche un piccolo molo e una stradina che, tra gli alberi, si insinuava sino alle profondità del bosco, per proseguire in salita. Passai il pomeriggio a sistemare ogni cosa, sorpresa del fatto che Amelie ed io non condividevamo la stessa stanza.
Daniele
Mi addormentai e mi svegliai non appena Riccardo spense il motore dell'auto. Raggiungemmo quella che sarebbe stata la nostra abitazione per quei due giorni, un bungalow vicino al lago. Varcammo l'ingresso e non appena presi in mano il mio telefono, fui invaso dai messaggi di Elena, una delle tante donne con cui ero andato a letto, che cercava disperatamente di avere un contatto con me.

Capitolo 5

Riccardo
Mentre gli altri si davano una rinfrescata, preparai il fuoco, presi la griglia e iniziai a cucinare. La notte ci accompagnava e lucciole ci fluttuavano attorno, così come il canto delle cicale. Erano ore, ormai, che ci raccontavamo storie e cantavamo tutti insieme; la luna ci illuminava nella sua pienezza e, immersi in essa, ci dirigemmo tutti verso le nostre rispettive stanze. Ripresi a leggere quel vecchio libro che, da ragazzo, ogni volta che tornavo a far visita a questo posto magnifico, era una normale rileggere. Mi accompagnò così nei pensieri della notte.

Monia
Per cena organizzammo un falò, e persino dopo ore rimanemmo accanto al fuoco a conversare e a raccontarci storie. Sentivo gli occhi di Daniele su di me, mentre, quasi fosse un'abilità spontanea, suonava le sue canzoni e sorrideva ogni qualvolta incrociassi il suo sguardo. Scoprii che il mio atteggiamento silenzioso, schivo e molto simile a quello di Amelie , agli occhi di Daniele  appariva invece in tutt'altro modo. Così continuava ad osservarmi con malizia, e ne trassi che avrei potuto rendermi sempre così, di fronte a lui.
Daniele
Ci recammo all'esterno,ed essendo ora di cena, appiccammo un piccolo fuoco e mangiammo. Accompagnati dalla mia fedele chitarra, io e Derek raccontammo storie della nostra adolescenza alle ragazze, che risero di tutte le nostre disavventure. Com'eravamo cambiati da quei ragazzi. Cosa ci aveva portato ad essere quelli che eravamo? Quelli che non si lasciano andare, che non si ribellano, quelli che si conformano?

Capitolo 6

Monia
 A tarda serata, quando uscii dalla mia stanza, lo sentii parlare al telefono, tra i resti del falò, con quella che mi sembrò una voce femminile. Gli chiesi se avesse terminato, se per caso lo stessi disturbando, e quando lui mi guardò, senza dire una parola, mi persi nell'attrazione di un istante, di fronte a quell'uomo 35enne che solo ora riuscii a vedere in modo chiaro. Quegli occhi scuri persero l'indifferenza che inizialmente gli avevo attribuito, e il viso acquisì una nuova fisionomia, più dura, adulta. Troppo attratta da lui per rimanere in silenzio, mi aprii come non avevo mai fatto, raccontando di me ogni cosa. Volevo si convincesse che in me non esistevano limiti, né imposizioni altrui, ma solo quel lato espansivo che sembrava tanto attrarlo. Lo baciai, già troppo presa dalla cosa, ma il caos che da poco si era formato sembrava non volesse darmi pace. Quando mi respinse realizzai la gravità del gesto, e me la presi, forse, più con me stessa che con lui.

Daniele
Sentii il bisogno di fumare, così mi appartai in camera mia. Mi rilassava essere lì, lontano da tutti. In un attimo la suoneria interruppe il flusso dei miei pensieri; era l'una e Alena mi stava chiamando. La casa era buia e silenziosa. Sicuro che dormissero tutti, mi recai fuori, dove fino a poche ore prima il fuoco vivo ardeva tra la legna. Mi chiedeva dove fossi, con chi, urlava, pretendeva risposte, io non sapevo cosa dirle. Calmare una donna è la cosa più difficile che ci sia.
Non appena terminai la chiamata, sentii una voce familiare chiedermi se avessi finito la conversazione telefonica. Monia. Mi avvicinai e iniziammo a parlare. Conversammo per ore  di miliardi di argomenti, e, in quelle ore, capii la differenza tra lei e la sorella: Amelie , la più grande, era la più chiusa, timida e pensierosa, proprio come Derek, infatti non proferì parola per quasi tutta la giornata, limitandosi ad osservare. Monia invece era tutta un'altra cosa. Non potevi fare a meno di guardarla, ogni suo movimento era imprevedibile, era consapevole del fascino che possedeva eppure era così naturale. Mi trovai perso nelle sue parole, nella passione con cui spiegava il suo amore per la scrittura. La vedevo avvicinarsi a me impercettibilmente, secondo dopo secondo, finché notai il suo viso a pochi centimetri dal mio. In un attimo lei accorciò quella distanza, e il fuoco che fino a poco prima ardeva tra la legna ormai secca, si spense, ma divampò dentro di noi. Mi baciò e in un attimo tornai lucido, la respinsi. Non potevo, non lei. Potevo avere chiunque ma non lei. Non potevo fare questo al mio migliore amico. L'imbarazzo scese tra di noi e tornammo nelle nostre camere. Entrambi non volevamo entrare, sostammo più del dovuto nelle soglie delle rispettive porte. Non poteva sapere cosa provavo. Non poteva sapere che avrei voluto baciarla tutta la notte. Chiusi la porta.
Riccardo
 Era molto tardi, quando mi alzai, quella notte, mi preoccupai che gli altri stessero ancora dormendo, ma quando entrai in camera di Monia non la trovai; lo stesso feci con Daniele, e non rispose nessuno. Mi affacciai dalla finestra e li osservai  parlare seduti vicino al falò spento. Ragionando, strani pensieri iniziarono a farmi agitare. Il loro stare sempre insieme non mi convinceva affatto. Il fatto che Ami fosse esclusa così tanto mi lasciò perplesso, ma poi vedendo il sorriso ingenuo di mia figlia, mi ripresi, dando alle mie preoccupazioni risposte sicuramente più razionali.


Capitolo 7

Riccardo
Mi svegliai molto presto e decisi di preparare la colazione e il pranzo, per poi andare a fare un'escursione tutti insieme verso le montagne, verso i fitti boschi dagli alberi che accarezzano il celo con la loro chioma immensa. Finalmente partimmo e, dopo qualche ora di cammino, notai un certo distacco tra Monia e Daniele e  la cosa mi dispiacque. Persino Amiliè se ne stava indietro e continuava il cammino col respiro affannato.

Monia
Il giorno seguente, durante l'escurione, non ci parlammo mai, e questo mi diede modo di notare il clima di strana tensione creatosi intorno a noi Amelie pareva voler ignorarci, e nostro padre se ne preoccupava, osservandola quando rimaneva indietro.
Daniele
La mattina seguente, a colazione, c'era una strana tensione,nell'aria. Derek era preso dai suoi pensieri, come sempre. Ma nel suo sguardo, oggi, lessi qualcosa di differente, mi disse che era preoccupato per Amelie e per un attimo mi tranquillizzai, temendo avesse visto me e la figlia la sera precedente. Durante la giornata dell'escursione, respinsi ogni approccio di Monia, e utilizzai quella giornata per capire cosa fare, perché quella ragazza mi stava facendo mettere tutto in discussione; il mio stile di vita, le mie idee… E per la prima volta in vita mia, presi la via più complessa. Avevo deciso di non arrendermi. 


Capitolo 8

Monia
Di nuovo cenammo al falò, sotto una luna che mi parve piena, e di nuovo io e  Daniele ci guardammo il quel modo che la sera prima aveva interrotto le nostre distanze. Qualche ora dopo lo vidi dalla finestra della mia stanza spegnere il fuoco, e recarsi dentro. Decisi di fare qualcosa, e non seppi esattamente cosa finché non mi ritrovai a cercare un vestito da mattere per presentarmi in camera sua. Mi osservai nello specchio come se questo contenesse una sagoma sbiadita. Temevo di essermi imposta a forza un cambiamento che non mi caratterizzava, ma ormai mi ero spinta troppo oltre. Coi capelli sciolti e un abito scuro, mi presentai di fronte alla sua stanza. Bussai.

Daniele
Dopo cena se ne andarono tutti, rimasi io l'unico fuori. Spensi il fuoco e ammirai la luna, che mi diede il coraggio sufficiente per ammettere a me stesso che stavo provando dei sentimenti che andavano fuori dalla mia portata. Io, che mi ero sempre negato tutto, mi stavo innamorando della ragazzina che avevo visto crescere, e che adesso, era diventata una donna. Tornai in camera, mi misi a suonare la chitarra per non pensare, e dopo tanti anni, iniziai a collegare note e parole: stavo componendo. Bussarono alla mia porta. Era lei. La guardai. Indossava una camicia da notte blu, e i capelli biondi, sciolti, le cadevano sulle spalle facendola diventare un'opera d'arte. Ci sedemmo sul letto, la guardai, mollai la chitarra a terra e la baciai. Non riuscivamo a fermarci; ci stendemmo sul letto e la luna fu l'unica testimone di ciò che accadde quella notte.

Capitolo 9

Monia
Quando si svegliò, la mattiana seguente, volli solo tornare in camera, temendo che mio padre scoprisse ogni cosa.
Daniele
 Era molto presto e, una volta sveglio, la sorpresi a guardarmi e ad accarezzarmi il petto. Era qualcosa che uno come me non avrebbe mai potuto avere. Doveva tornare in camera sua, o suo padre l'avrebbe scoperta e saremmo stati nei guai entrambi.

Riccardo
Misi sul fornello dell'acqua per preparare una tisana rilassante, ma quando ricordai di aver lasciato il libro in camera, mi incamminai di sopra. Appena alzai lo sguardo, vidi qualcosa che in questi giorni avevo solo sospettato. Con solo addosso una veste da notte blu, vidi mia figlia uscire dalla camera di Daniele. I miei pensieri si riempirono di rabbia; sentivo gli occhi pulsare e quando mi accasciai a terra sentii un nodo al cuore. Rimasi lì a guardare un punto fisso e mi estraniai dal tutto il resto Non ragionavo più, la mia mente era persa in un'altra dimensione; verso pensieri, parole, sguardi, sussurri, passati e presenti. Mi sentivo smarrito. Mi alzai, presi tutte le borse e le appoggiai davanti alla porta del bungalow. Presi la tazza, mi sedetti e poi iniziai a fissarla, ma dentro non c'era niente. L'acqua era ormai evaporata e rimasi asciutto come le lacrime che per la prima volta non riuscivo a versare. Era sorto il sole, il fuoco si era spento. Quella tazza vuota era il riflesso di ciò che non vedevo. Sentii delle porte sbattere e qualcuno scendere; erano tutti sulle scale a guardarmi. Ormai le occhiaie nere avevano incorniciato i miei occhi e lo sguardo si perdeva nel nulla.

Capitolo 10

Daniele
Uscendo dalla stanza qualche ora dopo, osservai turbato la scena che mi si presentò davanti: Derek, coi suoi occhi affaticati, persi nel vuoto.
 A quel punto notai le borse da viaggio davanti alla porta e capii.
Monia
 Forse mentii, dicendo a Daniele che lo avrei rivisto; forse non gli dissi mai la verità.


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